Cosa provoca stanchezza e sonnolenza dopo mangiato? Cause e rimedi

Ultimo aggiornamento: 23.04.24

 

Accusare sonnolenza dopo aver mangiato è un fenomeno abbastanza comune, specialmente se il pasto è stato molto pesante. Vediamo come porre rimedio a questo disturbo.

 

Accusare il classico “abbiocco” ovvero uno stato di sonnolenza dopo mangiato, è un problema alquanto diffuso, soprattutto se il pasto è molto ricco di carboidrati. Qualcuno potrebbe pensare di consumare il proprio pranzo o la propria cena direttamente sopra un vassoio da letto, per trovarsi già al posto giusto nel momento in cui sopraggiungono sonno e stanchezza.
Scherzi a parte, si tratta di un fenomeno da non sottovalutare, anche perché molti medici ritengono che uno stato di stanchezza e sonnolenza dopo i pasti, potrebbe essere attribuibile a una condizione di insulino resistenza. Tuttavia è bene dire che questo genere di debolezza fisica, può interessare anche una persona che gode di perfetta salute.

 

Possibili cause della sonnolenza dopo i pasti

Sentirsi stanchi dopo pranzo o dopo cena, è un fenomeno che può essere provocato da molteplici fattori. Studi recenti chiamano in causa le esorfine, dei peptidi oppioidi che si formano durante la fase di digestione del glutine.
Le esorfine sono simili alle note endorfine, infatti una volta assorbite dall’organismo, queste sarebbero in grado di legarsi ai recettori oppioidi del cervello, alterandone l’attività. In casi di alta permeabilità intestinale, l’assorbimento dei suddetti peptidi, potrebbe disturbare l’attività cerebrale a tal punto da provocare addirittura l’autismo nei soggetti più piccoli.
Tale fenomeno è ancora in fase di studio, infatti si parla di teoria, visto che ancora mancano dei dati scientifici certi.

La congestione

Ben più accreditata è l’ipotesi secondo la quale a provocare uno stato di sonnolenza dopo pranzo o dopo cena, sarebbe una condizione di congestione gastrointestinale, dovuta a un eccessivo sforzo digestivo.
In poche parole, un pasto molto abbondante e ricco di carboidrati, per essere digerito, richiede un’enorme quantità di ossigeno. Tale fabbisogno può essere soddisfatto soltanto riducendo il flusso sanguigno nelle altre zone del corpo, a favore dello stomaco.
In questi termini, il senso di sonnolenza è di spossatezza non sarebbe altro che il risultato di un ridotto apporto sanguigno all’encefalo. Tuttavia, è bene dire che anche tale ipotesi è da considerarsi piuttosto remota, perché il flusso di ossigeno e di sangue nella zona cerebrale, è continuamente regolato dall’organismo, pertanto non cala in modo significativo dopo aver mangiato.

 

L’ipoglicemia

Un’altra teoria piuttosto diffusa, relativa alla sonnolenza post prandiale, riguarda una condizione di ipoglicemia reattiva, causata da un alto livello di secrezione insulinica. Dopo aver mangiato un pasto composto da molti carboidrati, grossi quantitativi di glucosio si riversano nel flusso sanguigno, aumentando in modo considerevole la glicemia.
In seguito a ciò, il pancreas risponde secernendo grandi quantità di insulina nel torrente ematico, al fine di riportare nuovamente il livello di glicemia alla normalità, grazie alla sua azione ipoglicemizzante.
L’insulina agevola il passaggio del glucosio dal sangue alle cellule, pertanto quando il pancreas ne secerne troppa, i livelli di glicemia si abbassano in maniera eccessiva, favorendo la comparsa dei classici sintomi dell’ipoglicemia, come per esempio stati di sonnolenza e di spossatezza.
È bene ricordare che l’insulina agevola anche il passaggio del potassio dal sangue alle cellule, pertanto un livello troppo alto di questa proteina può creare uno stato di ipokaliemia, responsabile del senso di affaticamento e di spossatezza muscolare.

Le alte temperature

Il corpo umano è una macchina tanto complessa quanto straordinaria, che riesce ad adattarsi a varie condizioni ambientali, facendo scattare dei meccanismi organici di difesa, volti alla salvaguardia del corpo stesso.
Per esempio, questo risponde alle variazioni termiche esterne, cercando di mantenere sempre una temperatura adeguata, che permetta a tutti gli organi di funzionare correttamente. A tal proposito ricordiamo che il corpo umano è in grado di sopportare un calo di temperatura profonda di 10°C, ma difficilmente è in grado di sopportare aumenti superiori ai 5°C.
Quando fa troppo caldo infatti, il corpo perde molti liquidi attraverso la sudorazione, riducendo così il volume ematico. A ciò va aggiunto il conseguente abbassamento di pressione arteriosa, che favorisce il senso di sonnolenza e di stanchezza.

 

La vasodilatazione cutanea

Una delle difese del corpo più efficienti per prevenire eventuali danni da calore agli organi interni, consiste nella vasodilatazione periferica. Questo meccanismo difensivo è molto utile, in quanto aiuta l’organismo a dissipare meglio il calore in eccesso.
In pratica, quando la temperatura ambientale aumenta, i vasi sanguigni tendono a dilatarsi, al fine di trasportare meglio il calore interno verso le superfici cutanee. Il flusso ematico infatti è anche un vettore termico, che aiuta a trasportare il calore prodotto dagli organi interni verso l’esterno.
Giunto in superficie, il calore viene dissipato per convezione, conduzione, radiazione ed evaporazione (attraverso il sudore). In superficie il sangue cede il calore trasportato ai capillari cutanei e di conseguenza il corpo è in grado di raffreddarsi.

Calore e pressione bassa

Purtroppo la vasodilatazione periferica in circostanze di temperature molto alte, può portare anche a degli effetti collaterali, legati a un forte calo della pressione arteriosa. Tale condizione può causare alcuni problemi, soprattutto a chi soffre già di pressione bassa o di problemi cardiocircolatori.
Quando fa molto caldo, l’apporto di sangue all’encefalo diminuisce in modo considerevole, pertanto il soggetto può accusare affaticamento, sonno e spossatezza, fino addirittura a svenire in alcuni casi.
Tali condizioni possono essere ulteriormente aggravate se vi è una grande perdita di liquidi corporei (disidratazione). La sudorazione infatti, non fa altro che ridurre il volume ematico, contribuendo ad abbassare ancora di più la pressione arteriosa.
Se il surriscaldamento corporeo è improvviso e violento, la vasodilatazione periferica avviene ancora più bruscamente, rischiando di generare un vero e proprio “shock termico”. Appena avvertite sintomi di mancamento come per esempio sudore freddo, vertigini, offuscamento visivo oppure secchezza delle fauci, vi suggeriamo di assumere una posizione orizzontale con il corpo, tenendo le gambe più sollevate rispetto al busto.
In questo modo aiuterete il flusso ematico a ristabilire una pressione arteriosa accettabile; dopodiché rivolgetevi al vostro medico di fiducia per eventuali accertamenti.

 

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